giovedì 14 aprile 2011

Cibo per l'anima

Il cervello è un organo a trazione animale.

La coscenza agisce, si sa, sullo stimolo dei bisogni e delle emozioni che li governano.
Al suo interno troviamo una sub-struttura che svolge un ruolo di giudice, possedendo le chiavi di un nutrimento che noi anime coscenti ricerchiamo con avidità, il piacere.

Quando magiamo, per esempio, i nutrimenti entrano nel sistema digerente e saziano il corpo, compresa l'anima che è il programma iscritto all'interno dei neuroni.
Il bisogno di cibo, la fame e il senso di sazietà non sono dati direttamente dal cibo che influisce sulla coscenza, ma è il cervello stesso, ricevendo lo stimolo dell'organismo a una carenza di nutrimenti, a inviarci una sensazione sgradevole di disagio dovuta alla fame. Se ci prodighiamo con impegno, allo scopo di placare questo dolore, a procurarci i nutrimenti che ci servono, ci gratificherà con il gusto (non sempre necessario) e con la soddisfazione di una pancia piena.

Ma il bisogno primario di mangiare non è l'unico nutrimento dell'anima. Nella nostra specie, soprattutto, l'anima ci chiede innumerevoli compiti da svolgere, tramite punizioni e premi emotivi, bisogni che però variano a seconda delle predisposizioni genetiche.
Ogni bisogno nasce da un programma cerebrale, come per la fame questi programmi danno disagi o insoddisfazioni che la coscenza cercherà di placare con la realizzazione di obiettivi, che una volta realizzati, verranno premiati con la liberazione di emozioni piacevoli e benessere.
L'anima quindi è spronata da un bisogno legato a una insofferenza, e dal ricercare una ricompensa per il suo benessere psichico.

Tra questi bisogni vi sono ovviamente quelli primari, come il cibo, la riproduzione, la sopravvivenza ambientale e sociale.

L'ultima categoria si sviluppa in una diversificazione per anime molto netta. Le predisposizioni genetiche dettano strategie sociali e ambientali differenti, soggette a delicati interventi di induzione comportamentale che influenzeranno lo sviluppo di alcuni bisogni rispetto ad altri.


Gerarchia sociale

L'ambiente determina uno spazio finito in cui, i membri che occupano lo stesso spazio, si spartiscono al loro interno le risorse. Questa spartizione non viene però divisa in parti uguali, perché subentra il bisogno selettivo, cioé la sopravvivenza degli individui forti e capaci rispetto ai deboli e inadatti.
Questo ha determinato lo sviluppo del bisogno della competizione gerarchica, chi occupava posizioni dominanti riceveva più risorse e premi di chi occupava posizioni sottomesse, questa condizione è comune per il 90% delle specie sociali tra i mammiferi.
In alcuni individui è così necessaria l'ostentazione della propria posizione dominante che farà parte dei suoi comportamenti sociali in ogni loro aspetto.
Il bisogno di dominare il prossimo nasce come insofferenza, a volte paura di essere a propria volta sottomessi, queste emozioni anno come epilogo l'intimidazione e, se fallisce, si trasforma in aggressione. Se l'atto fisico risulterà vincente, creando dei sottoposti o delle vittime, il successo viene gratificato dal cervello con una liberazione di emozioni che variano da una frenetica esaltazione fino a un esplosione del proprio ego dominante.
Questi premi di piacere creano un precedente che verrà richiesto con sempre più frequenza da chi nasce con questa predisposizione.

Le riserve dell'anima
Questo bisogno può però essere anche inibito, nel caso le condizioni sociali sono avverse alla propria natura. E' infatti noto che gli animali umani di tipo dominante sono molto attenti al controllo sociale. L'interesse per il diritto e le pene, la ricerca di esempi repressivi o l'indagine sulla diffusa morale comune, l'interesse ossessivo per la cronaca e il mondo criminale, sono per loro interruttori, se la società è repressiva nei loro confronti essi spegneranno in parte la loro natura dominante. Socialmente lavoreranno come architetti, costruendo politicamente un sistema sociale più impunito e diffondendosi geneticamente e culturalmente per ottenere il potere numerico. Il dominante umano riconosce solo i propri simili e interpreta i sottoposti come bestiame da sfruttare.
 
Un metodo per poter entrare in società senza sopperire alla frenesia dominante in età adulta è quello di fare scorta di violenza, che fa parte dei loro nutrimenti sadici. La specie dominante è infatti caratterizzata da un adolescenza e una fase iniziale di giovane adulto caratterizzata da violenza estrema, sopprusi e predazioni. Tutta questa esperienza si accumulerà nei ricordi a lungo termine ai quali l'anima potrà accedervi per tutto il resto della propria vita.
La spasmodica ricerca di esperienze violente in età giovanile raggiunge culmini spesso estremi, con vere e propeie ossessioni che raggiungono la dimensione della antropofagia, la predazione di umani e il causarne sofferenze spesso ingiustificate e del tutto gratuite sono un bisogno di accumulare scorte per il futuro, insomma anche l'anima ingrassa. Anche il cinema contribuisce a nutrire parte della natura predatoria con generi definiti horror o generi criminali, queste esperienze simulate sono spesso palliativi a una carenza di esperienze dirette.
Raggiunta l'età adulta, in una società di diritto e repressione per i predatori, l'individuo dominante, entrando in società spegnerà l'interruttore di aggressività fino a quel momento attivo per tutta la sua crescita e formazione, maschererà le proprie vere intenzioni venendo così accettato socialmente. La fame di violenza e il bisogno di sottomettere e arrecare sofferenze sadiche verrà colmato dai ricordi e dalle riserve accumulate in gioventù, la coscenza elaborerà i ricordi creando simulazioni virtuali, il cervello libererà emozioni che gratificheranno l'anima della propria posizione dominante come se stesse compiendo quegli atti ancora una volta.

E' infatti curioso notare, facendo un esempio comune abbastanza diffuso, in una diatriba tra colleghi o vicini di casa, il dominante rivendicherà la propria posizione con un atteggiamento a volte addirittura serafico ma che esprimerà tutte le sue intenzioni violente, come a ricordare al proprio interlocutore che se non lo attacca è per sua scelta, questa posizione repressa esprime di riconoscere la propria potenziale vittima come bestiame inferiore a lui fisicamente, questa posizione di intenzioni inespresse è retta dai ricordi degli atti predatori in gioventù, è sufficiente il rievocare le proprie capacità e impunità del passato a placare una aggressione vera e propria che potrebbe terminare in un licenziamento o in una denuncia penale.
Questo non toglie che le predisposizioni alle violenze sono scoppi improvvisi in questi soggetti e che accumulano un curricolum di aggressioni abbastanza costante, questi piccoli morsi di violenza ricaricano, per così dire, il bisogno reale di dominio.

L'impunità giovanile (stadi)
L'impunità giovanile è protetta e coltivata proprio su questo bisogno di riserva emozionale. Le frange politiche estreme tengono al caldo il loro braccio armato in attesa di utilizzarlo e scatenarlo contro il loro bestiame per sterminarne le minacce e soggiogare la massa ai propri voleri.
Gli stadi oggi sono il luogo in cui questo sistema è largamente usato, all'interno di queste caserme, sfruttando la copertura sportiva, si viene protetti e nutriti di violenza estrema, molti che ne faranno parte accumuleranno sufficiente nutrimento per mischiarsi con la società civile in età adulta da lavoro, altri continueranno a praticare violenza gratuita protetti all'interno di queste strutture in attesa di un richiamo alle armi.

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